VENERDì 3 gennaio 2020 ore 18.15 (Sala Lampertico) ore 21.00 (Sala ODEON) SABATO 4 gennaio ore 16.15 - 18.15 - 20.30 (Sala Lampertico) DOMENICA 5 e LUNEDì 6 gennaio ore 18.15 - 20.30 (Sala Lampertico) |
Regia
Lulu Wang
Genere
COMMEDIA, DRAMMATICO
Durata
98'
Anno
2019
Produzione
BIG BEACH FILMS, DEPTH OF FIELD, KINDRED SPIRIT
Cast
Awkwafina (Billy), Tzi Ma, Zhao Shuzhen, X Mayo, Hong Lu, Hong Lin |
Billi, nata in Cina e cresciuta negli Stati Uniti, ritorna a malincuore a Changchun e scopre che all'amata nonna Nai-Nai restano poche settimane di vita. Ma l'unica a non saperlo è proprio la nonna. I familiari, per farla felice, decidono di riunirsi e tornare da vari angoli del mondo per improvvisare un matrimonio. Mentre Billi si muove su un campo minato di aspettative e consuetudini familiari, scopre che in realtà c'è davvero tanto da celebrare: la possibilità di riscoprire il Paese che ha lasciato da bambina, la sorprendente vitalità della nonna e la certezza dei legami profondi che, nonostante tutto, resistono.
C'è qualcosa nel bel film di Lulu Wang che evoca Il banchetto di nozze di Ang Lee, orientale traslocato in occidente come lei. A memoria, la quasi totalità dei film che hanno come tema la bugia hanno come luogo di svolgimento la famiglia, come se ci fosse una diretta proporzione tra la grandezza dell’affetto e la grandezza delle menzogne. Su questa proporzione, Lulu Wang fonda il suo secondo lungometraggio, The Farewell.
Trama
Critica
Un'aria 'familiare', il ritorno di una cultura rimossa (nelle forme di una famiglia amata) che produce un quieto terremoto e lascia dietro di sé un nuovo e fertile squilibrio. Conciliata commedia di confronto etnico, The Farewell - Una bugia buona muove dall'America verso la Cina, riscaldando il folclore in un viaggio verso le origini. La diaspora della famiglia Wang, divisa tra Stati Uniti e Giappone, rientra e stringe i suoi 'esuli' al capezzale di una nonna malata. Ed è il protocollo etico-normativo 'della cura', basato in Cina sul "principio della beneficialità" (nell'interesse del paziente in certe circostanze è meglio tacere la verità), il nodo da sciogliere di un racconto che assume in pieno il modello della commedia familiare con la circolazione sentimentale tra i personaggi e il disegno delle loro vite private.
Ed è qui che si gioca la novità, l'audacia e la singolare tenerezza di The Farewell, una commedia sorprendente non per il soggetto ma per il tono. Se lo sfondo dell'incontro-scontro tra culture è sovente il disagio, Lulu Wang sceglie la serenità risolta ma non semplificata del rapporto tra prole espatriata e matriarca 'radicata', che ha accettato il destino (straniero) dei propri figli ma non transige sulla Tradizione.
Lontano dal dramma quanto dalla parodia, The Farewell è una scelta di campo che pesca nella biografia dell'autrice e afferma un nuovo discorso. Il suo punto di osservazione e di ascolto è Billie, quello di attrazione è Nai Nai, ex combattente che chissà quante cose ha visto accadere, che ha capito quasi certamente tutto prima degli altri e prima degli altri ha accettato.
Lulu Wang non manca il banchetto di nozze con le sue ricadute umoristiche e il suo svolgimento chiassoso e lievemente degradato. Ma è la malattia, la fragilità del congiunto, l'opportunità (o no) di sapere o di 'forzarlo' all'informazione, l'architrave solido ma mai ingombrante di una costruzione che sa dare rilievo ai pensieri e alle azioni di ogni personaggio. Nel percorso formativo che conduce Billi dall'America alla Cina e ritorno, la ragazza si scoprirà finalmente pronta alla vita, incarnando nel grido (di forza e intenzione) di un'arte marziale interiore tutta lo splendore della confusione etnica e della commistione di generazioni e costumi. Perché non c'è riscatto e nemmeno 'guarigione' in un orizzonte culturalmente univoco. Sono le dinamiche e le collisioni di una società aperta a produrre esiti (e film) decisamente felici.
Marzia Gandolfi, Mymovies.it, 21 ottobre 2019
“Basato su una vera bugia” (raccontata dalla stessa Wang prima in forma letteraria e poi come script), come recita un cartello all’inizio, il film racconta di una famiglia cinese – in parte emigrata negli USA – che pur di non dire alla nonna che sta morendo di tumore inventano l’improbabile matrimonio del giovane nipote per avere la scusa di vederla tutti insieme, un’ultima volta.
Lo scheletro della commedia degli equivoci si copre di una sostanza che richiama la commedia indipendente, quella che aggiorna il cinema post-alleniano con tocchi estetici hipster (e infatti distribuisce nel mondo A24, casa del cinema cool).
The Farewell è un film che fonda il suo fascino proprio sul concetto di mescolanza, perché parte da radici cinesi che danno forma a un albero americano, in cui cova lo spaesamento dell’esiliato e quel senso di vuoto e di ricerca di un posto alla base di tutto il cinema a cavallo di mondi e paesi: Wang lavora con una certa finezza sulla cultura, il senso di appartenenza, gli scontri sociali e soprattutto intimi di chi ormai, come la sua protagonista, come lei stessa, sono stranieri ovunque.
L’idea vincente è tradurre queste contrapposizioni – narrative, culturali, estetiche, politiche – attraverso la grande metafora della bugia come motore familiare, che si autoalimenta fino a diventare incontrollabile.
È ancora più essenziale alla riuscita del film il ruolo di filtro che dà la protagonista, Awkwafina, donna americana di origini cinesi e sudcoreane che ha studiato il cinese per poi darsi al rap e diventare attrice: il modo in cui incarna i temi stessi del film nella sua sola biografia rendono efficace e molto espressivo il suo percorso di ragazza alla ricerca di sé.
Certo, non si può negare che nel crescendo di bugie e sentimenti, Wang si affidi a una certa ruffianeria per dosare le risate (esilarante il gioco a tavola durante il finto matrimonio) con le lacrime.
Ma basterebbe la zampata finale, prima dei titoli di coda, per ristabilire il senso del film: tutto è bugia, anche i sentimenti. Anche il cinema.
Emanuele Rauco, Cinematografo.it, 19 Ottobre 2019
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