Critica
(...) Commedia on the road cucita addosso a Omar Sy, reso celebre da 'Quasi amici': il film gioca ovviamente sulla sovrapposizione tra attore e personaggio, a cominciare dalla problematica identità da franco-africano. Ovviamente il tutto è piuttosto prevedibile, a cominciare dall'accoppiata col bambino, alla ricerca del senso della propria vita. Lo sguardo del "fratello europeo" permette di ironizzare sui luoghi comuni dell'Africa. Le ambizioni del film sono contenute, la retorica è tenuta sotto controllo e il viaggio prosegue in fondo in maniera non sgradevole.
Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 4 aprile 2019
In una storia costruita su misura per lui, Omar Sy ritrova il pudore, il calore umano e la misura che gli hanno regalato immensa popolarità in 'Quasi amici'. (...) La carta vincente della pellicola è la sua freschezza di sguardo su un mondo africano che - pur a cavallo fra tradizione e modernità, arretratezza economica e sviluppo - resta orgogliosamente radicato alla cultura d'appartenenza, altro che emigrazione! Qualcuno potrà trovare buonista il messaggio, ma Philippe Godeau restituiscono documentaristica spontaneità l'immagine di una bellissima Africa fuori dalle rotte turistiche e Sy e il ragazzino Lionel Basse formano una coppia adorabile e affiatata.
Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 4 aprile 2019
Il tredicenne Yao vive a Kanel, un villaggio rurale nel nord del Senegal. Quando scopre che il celebre attore francese Seydou Tall è a Dakar per promuovere il suo libro, non ci pensa due volte e parte per incontrare l’adorato idolo. La vera avventura sarà però il viaggio di ritorno: i 387 chilometri di strade sconnesse per rientrare a Kanel saranno infatti costellati dai più variegati contrattempi. Yao affronterà tutto col sorriso sulle labbra, perché Seydou Tall si è liberato dai suoi impegni per riaccompagnarlo sano e salvo a casa, colpito dall’intraprendenza del ragazzino.
Omar Sy, star in perenne ascesa del cinema francese, torna (anche in veste di produttore) con una commedia on the road tenera, leggera e allo stesso tempo ricca di significato.
Il viaggio che riporta Yao a Kanel è anche facilmente metafora del ritorno alle origini di Seydou, che per la prima volta si ritrova a pochi passi da dove era partito suo nonno in gioventù.
Ma decide di non attraversare il fiume che lo separa dal villaggio. “Ci andrò con mio figlio”, dichiara Seydou durante una delle ultime tappe dell’improvvisato viaggio, col pensiero al piccolo Nathan rimasto in Francia con la madre. Seydou ha una nuova coscienza di sé: è ormai differente dall’uomo atterrato a Dakar soltanto tre giorni prima.
Adesso ha finalmente compreso perché i senegalesi incontrati sulla sua strada lo vedevano indubbiamente come “bianco” nonostante il colore nero della pelle, ed ha anche appreso un nuovo concetto di comunità e di tempo, arrivando a fregarsene del volo di ritorno ormai perduto.
Anche se la programmatica lentezza di tante situazioni – riparare l’auto, aspettare i comodi del tassista, accettare gli inevitabili inviti a pranzo di chiunque offra aiuto a questa strana coppia di viaggiatori – si traduce in un ritmo filmico talvolta flemmatico che arriva ad annacquare l’efficacia di molte scene, lo sguardo sulla realtà africana rimane limpido e il rapporto tra i due protagonisti innegabilmente sincero.
Manuela Pinetti, Cinematografo.it, aprile 2019