VENERDì 1° novembre 2019 ore 18.30 (Sala Lampertico) SABATO 2 e DOMENICA 3 novembre ore 20.30 (Sala Lampertico) |
Regia
Icíar Bollaín
Genere
BIOGRAFICO, DRAMMATICO
Durata
109'
Cast
Carlos Acosta, Kevyn Martinez, Edison Manuel Olbera Nunez, Laura De la Uz, Yerlin Perez, Mario Sergio Elias, Andrea Doimeadios |
L'incredibile storia di Carlos Acosta, in arte Yuli, vera e propria leggenda della danza. Ballerino cubano, che da piccolo rifiutava la disciplina della danza, Carlos viene obbligato dal padre, che vuole dargli un'opportunità per voltare le spalle alla povertà che attanaglia Cuba dopo decenni di embargo. Yuli giunge al successo mondiale divenendo un performer paragonato per grazia e capacità tecniche a miti quali Nureyev e Baryshnikov.
Biopic di ballerini se ne contano un numero considerevole, ma spesso il risultato ha accarezzato l’agiografia nonostante il tentativo di smorzarne gli effetti mostrando tanto il genio quanto la sregolatezza. La regista basca Icíar Bollaín porta sullo schermo l’autobiografia di Acosta ‘No Way Home’ replicando nel film la struttura del testo di partenza: lo stesso Acosta è presente in scena come una sorta di narratore interno, commentando la sua vita con alcuni numeri di danza di cui è coreografo o direttamente protagonista. Cinema e danza hanno spesso costituito un'accoppiata vincente, dai musical degli anni Ottanta (come Saranno famosi, Flashdance o Dirty Dancing) ai teen dance film incentrati sulla passione hip hop e la storia d'amore tra i protagonisti (basti pensare a Save the Last Dance o alla saga di Step Up). Molti registi hanno raccontato il sacrificio, il dolore e la sofferenza che una disciplina come la danza classica comporta e che, talvolta, può sfociare in una vera e propria ossessione (da Il ritmo del successo a Il cigno nero). In questa recensione di Yuli - Danza e libertà vi parleremo un altro film che, dopo l'uscita di Nureyev - The White Crow, arriva sui nostri schermi per celebrare l'arte di un mito della danza classica, Carlos Acosta, considerato come uno dei più grandi ballerini di tutti i tempi dopo Nureyev stesso e Baryshnikov.
Trama
Critica
Yuli di Icíar Bollaín, nel narrare la parabola del performer cubano Carlos Acosta, riesce per sua fortuna ad allontanare lo spettro.
Il film, presentato al 12° CinemaSpagna, disegna un ritratto che segue la scia drammaturgica di analoghe operazioni. Non è Billy Elliot per intenderci, anche se gli highlights dall’adolescenza alla maturità diventano anche in questa occasione uno strumento di riscatto contro povertà, solitudine, sacrifici, infortuni e agguerrita competizione.
Non mancano spazi e salti emotivi di forte impatto, così come la poesia coreografica, ma nel complesso la regista punta quasi tutte le fiche a disposizione sul coming of age.
Ciò ha permesso all’opera di tracciare le tappe della vita di un ragazzo che ha dovuto bruciarle in nome del rifiuto di ogni forma di discriminazione e oppressione, sullo sfondo di una lotta continua con se stesso e con un padre severo che ha imposto al proprio figlio la strada da seguire per voltare le spalle alle restrizioni che attanagliavano Cuba dopo decenni di embargo.
Francesco Del Grosso, Cinematografo.it, 15 Ottobre 2019
Nella mitologia yoruba e nei culti afroamericani, Yuli è il figlio di Ogun, semidio della guerra e del fuoco: un combattente, un guerriero. Carlos Acosta, oggi ex ballerino alle soglie dei cinquant’anni, nel mondo della danza contemporanea è stato il primo “principal” di colore del Royal Ballet, un guerriero anche lui, un ballerino rivoluzionario.
Il paragone tra il protagonista e la figura mitologica a cui è stato accostato dal padre («Un uomo che mi ha amato alla sua maniera e secondo le sue regole», dice Acosta), è ribadito a ogni passaggio come la principale chiave di lettura del film: Yuli - Danza e libertà è la storia di una battaglia interiore, la conquista del mondo da parte di un eroe di strada. Dai vicoli di L’Havana e dalla breakdance ballata sull’asfalto, Carlos approda alla danza classica e ai grandi palcoscenici; impara a controllare l’esuberanza caratteriale e traduce la potenza esplosiva del suo fisico in una compostezza di estrema eleganza. Il suo percorso conduce dal caos al controllo assoluto, dall’anarchia all’arte.
Costruito come un classico racconto di formazione, il film è giocato su un doppio binario espressivo: la ricostruzione della vita di un bambino (e poi di un ragazzo) mezzosangue cresciuto in una Cuba impoverita dall’embargo americano – figlio di genitori separati, legato alle due sorelle maggiori e da adulto costretto a soffrire da lontano per la schizofrenia di una delle due – e il lavoro del vero Acosta, che coreografa ed esegue con la sua compagnia una serie di numeri che funzionano da commento alle scene di finzione.
L’intento della regista non è però quello di mostrare la forza scenica della danza di Acosta (magari provando ad avvicinare l’operazione che Wenders ha fatto con l’opera di Pina Bausch), ma di prolungare le emozioni costruite ad arte dalla sceneggiatura: il conflitto tra padre e figlio, tra singolo e autorità, tra libertà e costrizione, e poi, nel corso della vita del protagonista, tra ambizione e amore, vicinanza e oblio.
Il Carlos Acosta raccontato dal film è un personaggio monolitico come il semi-dio a cui s’ispira. Nella parabola narrativa tracciata, la sua debolezza è la sua forza, la sua energia alimenta la sua grazia. Lo stile senza fronzoli di Bollaín, che gestisce abilmente toni e colori, momenti di tensione e di scoramento, di felicità e di dolore, serve semplicemente a illustrare un cammino di gloria. Il risultato è un ritratto onesto, molto simile all’album di ritagli di giornale e di fotografie del figlio che il padre di Carlos ha custodito gelosamente per tutta la vita, guarda caso la prima cosa a vedersi nel film…
Roberto Manassero, Mymovies.it, 16 settembre 2019
Yuli - Danza e Libertà è il biopic diretto dalla regista spagnola Icíar Bollaín e sceneggiato da Paul Laverty, storico e pluripremiato screenwriter di Ken Loach. Si tratta dell'adattamento cinematografico del memoir del ballerino Carlos Acosta, No Way Home. Il film racconta per mezzo di molteplici flashback l'infanzia turbolenta di un bambino cubano (interpretato dal bravissimo Edilson Manuel Olbera Nuñez) che scopre ben presto di avere la danza nel sangue. A credere per primo nel suo talento c'è il padre, Pedro (Santiago Alfonso), un camionista con un grande amore represso per l'arte che si impone affinché il figlio possa mettere a frutto le proprie qualità innate e avere una vita diversa dalla sua. E' a lui che Acosta deve il nickname Yuli, un leggendario guerriero. Carlos Acosta fa anche un'apparizione nei panni di se stesso adulto, ormai coreografo e un produttore affermato. Splendide ed emozionanti le coreografie che intervallano gli episodi che maggiormente hanno influito sulla crescita del ballerino e della persona.
In effetti il film verte molto su questa relazione di amore-odio. Padre e figlio, come spesso accade, parlano due lingue diverse. Se in Billy Elliot il protagonista lottava contro un padre ostile alla sua passione per la danza, qui troviamo un genitore che incoraggia il figlio ad investire sul proprio talento fino a farla risultare un'imposizione. Fortunatamente dalla sua parte ci sono gli insegnanti dell'Accademia di Danza di Cuba che riconoscono immediatamente il talento prodigioso di questo bambino gracile e terribilmente indisciplinato.
Va sottolineato che, nonostante sia un biopic piuttosto convenzionale, Yuli - danza e libertà non tenta minimamente di mostrare una storia edulcorata. Proprio nella rappresentazione del rapporto controverso con il padre, un uomo rozzo e dal brutto carattere, non vengono risparmiate scene di forte violenza. Tra le più emozionanti del film. E' proprio in queste dinamiche familiari distruttive che risulta evidente il punto di forza della regista che già aveva impressionato gli spettatori con Ti do i miei occhi, film toccante e totalmente privo di retorica sulla violenza domestica.
Yuli racconta la storia di una superstar del balletto ma offre anche uno sguardo non banale sul contesto socio-culturale di Cuba sotto il regime di Fidel Castro. Il bambino e l'adolescente Carlos Acosta considera le proprie abilità come ballerino più come un peso insopportabile e un'ostacolo alla sua libertà di fanciullo che come un dono su cui poggiare le basi dei suoi sogni di gloria. Il film riesce a catturare benissimo l'orgoglio, la frustrazione e i sentimenti contraddittori che hanno animato i cubani in quegli anni difficili.
La povertà, la discriminazione razziale all'interno della sua stessa famiglia, la malattia mentale dell'amata sorella: tante tragedie attraversano la vita di questo piccolo talento che trova la salvezza solamente allontanandosi dal nido famigliare. Carlos e la sua famiglia, come tante altre, si trovano a dover scegliere tra la libertà e l'amore per le proprie radici. In altri casi a prevalere è la lotta per la sopravvivenza. Un biopic classico, non particolarmente originale ma che rende omaggio ad una storia straordinaria, al trionfo di un talento, al riscatto di un'intero paese ("mi sembra di portare Cuba sulle spalle", continua a ripetere il giovane Acosta) che grava sulle spalle di un uomo già terribilmente provato e arrabbiato. "Sono l'unico cubano che non vuole andare via da Cuba", sbotta ad un certo punto il ballerino.
Rosa Maiuccaro, Movieplayer.it, 17 ottobre 2019
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