SABATO 8 e DOMENICA 9 giugno 2019 ore 18 - 20.30 (Sala Lampertico) |
Regia
Paolo Zucca
Genere
DRAMMATICO
Durata
102'
Anno
2018
Produzione
AMEDEO PAGANI, NICOLA GIULIANO, PER LA LUNA, INDIGO FILM CON RAI CINEMA, COPRODOTTO DANIEL BURMAN, GENC PERMETI PER SKA-NDAL PRODUCTION, OFICINA BURMAN MEDIA PRO
Cast
Jacopo Cullin (Agente Kevin/Gavino Zoccheddu), Francesco Pannofino (Dino), Stefano Fresi (Pino), Benito Urg (Badore), Ángela Molina (Teresa), Lazar Ristovski (Taneddu) |
Una coppia di agenti segreti italiani riceve una soffiata dagli Stati Uniti: pare che qualcuno, in Sardegna, sia diventato proprietario della Luna. Il che, dal punto di vista degli americani, è inaccettabile, visto che i primi a metterci piede, e a piantarci la bandiera nazionale, sono stati loro. I due agenti reclutano dunque un soldato che, dietro il falso nome di Kevin Pirelli e un marcato accento milanese, nasconde la propria identità sarda: si chiama infatti Gavino Zoccheddu e la Sardegna ce l'ha dentro anche se non lo sa. Per trasformarlo in un vero sardo viene ingaggiato un formatore culturale sui generis. A questo punto non rimane che risolvere il caso: chi ha comprato la Luna? E perché?
La questione della luna è una vecchia storia da quando nel 1969 gli astronauti statunitensi vi misero piede. Paolo Zucca la riattualizza con questa divertente commedia stralunata che vede protagonista un milanese-sardo. Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) viene ingaggiato da due agenti segreti italiani (Stefano Fresi e Francesco Pannofino) per capire chi in Sardegna si sia appropriato della luna, cosa inaccettabile dal punto di vista degli americani, i primi a compiere l’allunaggio e a piantarci sopra la bandiera nazionale. Il soldato dall’accento milanese sarà mandato in missione e nel corso di questo viaggio attraverso la Sardegna rurale tra capre, pecore e pastori riscoprirà, anche grazie a un formatore culturale sui generis (Benito Urgu), la propria identità sarda e le proprie radici. Si chiama infatti Gavino Zoccheddu e quel paese popolato da uomini “leali, permalosi e con un latente senso di superiorità nei confronti degli altri” anche lui ce l’ha dentro. L'uomo che comprò la luna è una commedia "etnica" completamente imbevuta di quella "sardità" con cui Gavino deve confrontarsi. Alla regia c'è Paolo Zucca, al suo secondo lungometraggio dopo L'arbitro (già corto pluripremiato); alla sceneggiatura ci sono Geppi Cucciari e Barbara Alberti. Insieme confezionano una trama che è giusto definire "lunare", non solo perché vede al centro l'imprendibile Selene, ma anche perché è stralunata e surreale, e contiene eguali parti di poesia e di farsa. Dopo L'arbitro, con questa opera seconda Paolo Zucca riporta lo spettatore in una Sardegna sospesa nel tempo, dove trova ancora una volta spazio quella sua vena poetica che si riallaccia al realismo magico ispano americano alla Garcia Marquez. Ma diversamente dal suo film d'esordio stavolta - come spiegheremo nella recensione de L'uomo che comprò la luna - l'isola appare caratterizzata concretamente attraverso il suo bagaglio antropologico e sociale, il quale diventa materia su cui impostare una messa alla berlina dei suoi stereotipi più conosciuti, per affermare però il valore stesso delle radici culturali di appartenenza. Si tratta di un vero e proprio salto carpiato narrativo sulla sardità e sull'essere sardi che non ha paura di giocare con il politicamente scorretto, utilizzando un registro il cui termine più calzante, visto il tema della storia, è proprio quello di essere stralunato. Sempre in bilico e sempre mutevole nei toni.
Soggetto: Paolo ZuccaTrama
Critica
Già campione d’incassi in Sardegna, questa commedia on the road che strizza l’occhio al western e alla fantascienza e perfino un po’ alle saghe a fumetti (Asterix in Corsica) è un elogio ironico alle tradizioni e alla cultura sarda più primordiale. Il regista cagliaritano, già autore de L’arbitro, con questo secondo film conferma quindi di conoscere bene la sua terra, quella (tra i tanti degni di nota) di Antonio Gramsci e di Eleonora D’Arborea, e ci porta lungo le grandi distese di roccia calcarea bianchissima e piena di crateri, proprio come la luna, che si trovano sulla costa occidentale sarda con una storia semplice e fantastica, surreale e poetica.
Questo film, diventato un piccolo fenomeno nella madre patria di Zucca e di Cullin (anche lui cagliaritano), ha dunque tutti i numeri (in primis quelli della “murra”, quel gioco antichissimo praticato in Sardegna al quale Gavino sarà avviato dal suo maestro di “sardità”) per diventarlo anche sulla terra ferma. Proprio come il suo protagonista “per aspera ad astra” (attraverso le difficoltà fino alle stelle)…anzi, in questo caso: per aspera ad luna.
Giulia Lucchini, Cinematografo.it, 30 Aprile 2019
Il punto debole è una trama che privilegia la gag etnica alla progressione della storia, dando molto spazio allo stereotipo sardo e meno all'intreccio degli eventi. Il punto di forza è la conoscenza approfondita che Zucca e Cucciari hanno della loro terra, che dà loro la libertà di prendersi in giro con disinvoltura senza lasciarsi intimidire da alcun tipo di correctness.
Solo alla fine però ci si renderà davvero conto che il film racconta la riappropriazione di un'identità geografica, proponendosi come un'ode a tutti i sardi che le radici se le tengono strette, così come si tengono stretto il diritto di sognare e quei "fondamentali" che privilegiano lealtà e rispetto.
La scena più commovente del film (e inaspettata, in quel contesto comico) è l'incontro fra Gavino e i sardi che, nella storia dell'isola, hanno saputo resistere per portare avanti la loro originale visione del mondo. Spassose invece le gag sulla "camminata del latitante" e l'esame di sardità di Gavino. E Zucca conferma il suo talento registico nella composizione accurata delle inquadrature e nella fluidità con cui la cinepresa accompagna i suoi personaggi, rispettando le caratteristiche individuali di ognuno: la legnosità nuragica del "formatore culturale", assai ben interpretato da Benito Urgu, come l'afflato poetico di Angela Molina, la donna per cui l'uomo che comprò la luna si è appropriato di ciò che gli americani credevano appartenere solo a loro.
Paola Casella, Mymovies.it, 16 ottobre 2018
La trama de L'uomo che comprò la Luna parte quando due agenti dei servizi segreti italiani - interpretati da Stefano Fresi e Francesco Pannofino - ricevono una chiamata allarmata da parte degli Stati Uniti. Qualcuno in Sardegna ha comprato la luna, diventandone il legittimo proprietario. Una cosa inaccettabile, visto che sono stati loro, cinquant'anni fa, a poggiarci i piedi per primi e a piantarci pure una bandiera a stelle e strisce. Così viene reclutato un soldato per rintracciare questo misterioso compratore; si chiama Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) e ha un marcatissimo accento milanese. In realtà è un sardo doc, ma ha nascosto e rinnegato la sua identità sin dal nome che è in realtà Gavino Zoccheddu. Così per farla riemergere e mandarlo in missione senza farsi scoprire viene ingaggiato un formatore culturale molto particolare: un emigrato sardo, Benito Urgu, che ha il compito di trasformarlo in un vero uomo di Sardegna.
Ed è proprio questo corso intensivo per acquisire la patente di sardità la parte più riuscita dell'opera di Paolo Zucca, grazie anche a Benito Urgu che domina la scena come maestro burbero e inflessibile, ma in fondo malinconico e con una profonda nostalgia per una terra che ha lasciato ormai da troppo tempo. Nonostante ciò, infatti, la Sardegna è ancora parte di se stesso. Diversamente da Kevin/Gavino che l'ha dimenticata volutamente sin dall'aspetto più macroscopico: la lingua. Il lungo apprendistato mette alla berlina usi, costumi e tradizioni in un susseguirsi di situazioni che spesso sfociano nel surreale.
La sceneggiatura, scritta da Zucca insieme a Geppi Cucciari e Barbara Alberti, sfrutta il comico che scaturisce dai cliché senza porsi freni e remore di sorta ma anzi facendo leva proprio su una delle caratteristiche più proverbiali associate all'essere sardo: la permalosità. Così sullo schermo ogni aspetto tipico viene caricato all'inverosimile: dai silenzi, al modo di camminare, dal bere o mangiare al come impostare una discussione. E' il pregio ma anche il limite del film perché l'impianto narrativo, scandito per archetipi, porta a lungo andare ad una iterazione degli stessi, facendo emergere mano a mano più una monotonia delle situazioni rispetto allo sviluppo dell'intreccio, sia tra i personaggi sia della trama.
Paradossalmente, tutto ciò accade proprio quando il protagonista arriva in Sardegna e si incontra e scontra con la realtà locale. La dialettica che fino ad allora aveva funzionato molto bene, e che trova pure un altro suo momento notevole nella lunga scena del zilleri ovvero il bar di paese, perde mordente in ricalchi drammaturgici meno funzionali. A pesare è anche l'improvviso cambio di registro che conduce L'uomo che comprò la luna verso toni più poetici e dai contorni marcatamente più favolistici nel finale.
In quest'ultima parte è infatti contenuto quello che è il vero cuore del film: la riappropriazione della propria cultura, della propria storia, dei suoi luoghi e dei suoi valori più alti. Ne sono portatori una coppia di anziani coniugi, interpretata da Lazar Ristovski e Ángela Molina. Un uomo e una donna ai confini di un mondo, le cui azioni però sono declinate in modo così repentino, troppo veloce, da non permettere di poterne apprezzare appieno la figura di struggenti custodi del tempo e della memoria che Paolo Zucca ha loro affidato.
Francesco Bellu, Movieplayer.it, 2 maggio 2019Altre informazioni
Sceneggiatura: Paolo Zucca, Barbara Alberti, Geppi Cucciari
Fotografia: Ramiro Civita
Musiche: Andrea Guerra, Grandi Firme Della Canzone - (Edizioni Musicali)
Montaggio: Sarah McTeigue
Scenografia: Alessandra Mura
Costumi: Stefania Grilli
Effetti: Mario Zanot
Suono: Piergiuseppe Fancellu - (presa diretta)
Paolo Zucca
Paolo è nato nel 1972 e vive tra la Sardegna e Roma. Dopo la laurea in Lettere Moderne, frequenta la Scuola RAI per sceneggiatori e si diploma in regia alla N.U.C.T. di Cinecittà. Oltre a due lungometraggi, ha scritto e diretto corti, documentari e spot pubblicitari. Il cortometraggio L’ Arbitro ha vinto il David di Donatello e il Premio Speciale della Giuria a Clermont-Ferrand. Il lungometraggio L’ Arbitro ha aperto le Giornate degli Autori alla 70° Mostra del Cinema di Venezia.
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