Critica
È ancora notte in Giappone e fuori nevica forte. Un uomo esce di casa, come fa ogni giorno, per andare a lavorare al mercato del pesce. Il figlio di sei anni si sveglia e non riesce più a prendere sonno. Inizia così la sua giornata di bambino, rinchiuso nel languido tepore domestico, tra giochi e disegni, nicchie e rifugi lanosi, in attesa dell’ora di potersi recare a scuola. Ma una volta uscito di casa, forse ancora assonnato, il bambino perde la strada e comincia a bighellonare allegramente nel paesaggio innevato e silenzioso, seguendo con scrupolo le tappe di un percorso molto lungo, che sembra essere impresso in maniera netta nella sua mente e che ha come unico obiettivo quello di incontrare suo padre alla luce del sole.
Il duo franco-giapponese costituito dai registi Damien Manivel e Igarashi Kohei, al loro primo lavoro insieme, costruisce un’opera molto raffinata sulla ciclicità e sulla purezza del rapporto tra un padre e un figlio. Il quotidiano “mancarsi” dei personaggi si inscrive in un arco di rimandi metaforici che richiama direttamente il tempo, l’alternanza delle ore, del giorno e della notte, delle stagioni – non a caso le sonorità di Vivaldi attraversano tutto il film. Come l’inverno e la primavera, padre e figlio sono condannati a non incontrarsi e a percorrere il ciclo delle rispettive solitudini alla ricerca di segni che rechino testimonianza dell’altrui passaggio (un disegno, una foto, un’impronta nella neve, un berrettino dimenticato). La candida odissea di questo piccolo soldatino che fino alla fine non vuole soccombere al sonno – ovvero al nemico che gli impedisce di vivere a pieno l’amore per il proprio papà – è una delle cose più tenere viste finora al Festival.
Essenziale, lirico. Un racconto che non ha bisogno di nomi o di parole.
Simona Busni, Cinematografo.it, 6 Settembre 2017
Un racconto incantevole e minimale di affetti e di avventura, reso ancora più affascinante dalla completa assenza di dialoghi. Una favola senza tempo che si articola in tre atti: Il disegno, Il mercato del pesce, Un lungo sonno.
Tra l'essenzialità di Chaplin e il rigore di una storia illustrata per bambini, un attore bambino non professionista calamita l'attenzione con una semplice successione di azioni banali: il cinema puro è in azione, mentre il piccolo si muove tra spazi domestici, strade ghiacciate, una piccola stazione ferroviaria, un centro commerciale, un parcheggio. Contempliamo con lui il silenzio notturno e lo stupore durante una nevicata, il senso di libertà mentre si aggira, senza mai interagire con nessuno, per le strade bianche alla ricerca di un contatto con il padre, il cui ritmo di vita è opposto al proprio.
Firmato a quattro mani dal francese Damien Manivel (classe 1981, già autore di Un jeune poète, menzione speciale nel 2014 a Locarno, e di Le parc, nella sezione Onde al Torino Film Festival 2016) e dal giapponese Kihei Igarashi (1983), a Locarno anche lui con Hold Your Breath Like a Lover nel 2014. Con La nuit où j'ai nagé ("la notte in cui ho nuotato"), a Venezia 74 in Orizzonti accostano mirabilmente due mondi opposti e ci fanno precipitare nell'immaginazione di un bambino di sei anni per rappresentare l'amore a distanza tra padre e figlio. Speriamo di risentire presto parlare di questa coppia dal tocco molto lieve, con idee di regia semplici, come la scelta della Primavera di Vivaldi, ma molto efficaci.
Raffaella Giancristofaro, Mymovies.it, 5 settembre 2017
I registi Damien Manivel e Kihei Igarashi si sono conosciuti in occasione del festival di Locarno nel quale presentavano le loro rispettive opere. Insieme decisero che avrebbero girato un film insieme e la ricerca di idee li ha portati nel nord del Giappone, a Aomori (che significa “la foresta verde”) in una delle zone più fredde e innevate del paese.
Qui hanno fatto la conoscenza con un pescatore e con suo figlio, Takara, di sei anni. Il padre lavora in città, esce presto e ritorna tardi. Il tempo da trascorrere con la famiglia e il figlio è pochissimo. Padre e figlio recitano nel film interpretando loro stessi aderendo in maniera mimetica alle loro vite. Su questa realtà i due registi hanno montato una storia esemplare di grande impatto emotivo che supera l’aspetto biografico, comunque esistente, per diventare specchio della società giapponese contemporanea, così comune ormai ad altre realtà sociali: l’aspetto della sussistenza, del sacrificio quotidiano, porta a rimuovere gli aspetti più profondi della vita lasciando al tempo la responsabilità delle conseguenze di quella scelta obbligata. E’ un loop senza fine, la vita del bambino, inscritta in una bolla temporale nella quale la presenza genitoriale è un ricordo di un sogno sfumato tra sonno e veglia, il sapore dimenticato di una carezza mattutina, una voce in lontananza al ritorno.
Diviso nei tre capitoli Il disegno; Il mercato del pesce; Un lungo sonno, The Night i Swam è un’abbacinante fiaba intessuta di poesia sull’amore e il desiderio. Il desiderio di vedere il padre da parte del piccolo Takara che come Cappuccetto Rosso abbandona il sentiero inoltrandosi nella coltre bianca che divide lui dal genitore, diventa un viaggio di formazione nel quale il contesto si rivela fondamentale e significativo nel momento in cui il bambino lo attraversa e lo plasma con i suoi occhi innocenti. Non ci sono lupi, in questo film, non ci sono pericoli se non quello instillato dalla percezione universale di un bimbo solo in viaggio, ma è appunto solo una percezione di un mondo che di fatto non mostra alcuna ostilità quanto una conclamata disaffezione verso il prossimo.
Non ci sono parole perché non c’è bisogno di spiegare nulla, le pazienti riprese a camera fissa e il sonoro diegetico ambientale esaltano la naturalezza della presenza del bimbo sullo schermo. Takara sullo schermo è una presenza quasi chapliniana, esterrefatta di fronte al mondo ma per nulla spaventato, naturalmente buffo, colorato, capace di trovare poesia dove un adulto neppure guarderebbe. La cattura di ogni sguardo velato d’impalpabile tristezza e di ogni sorriso orgogliosamente sdentato, è un sincero inno alla bellezza dell’essere bambino alla ricerca della propria strada e all’endemico stimolo all’auto realizzazione della propria vita.
Rototom, Filmtv.it, 2 giugno 2018