Critica
“Un, dos, tres. Despierta”, dice l’illusionista, che vuol dire: svegliati. E Abracadabra, il film del regista spagnolo Pablo Berger, è la storia di un risveglio femminile contro il machismo. Carmen (Maribel Verdú) vive alla periferia di Madrid insieme al marito Carlos (Antonio de la Torre). E’ una casalinga qualunque devota alla famiglia, mentre lui è un operaio edile tifoso di calcio che vive per il Real Madrid. Al matrimonio del cugino di Carmen, Pepe (José Mota), un’ipnotizzatore amatoriale, dà una dimostrazione e si presenterà Carlos come volontario, sebbene scettico. La mattina seguente Carlos comincerà a comportarsi in modo strano: probabilmente qualcosa è andato storto e ora è posseduto da uno spirito. Così i due cugini inizieranno una surreale ricerca per riportarlo alla normalità, mentre Carmen comincerà a sentirsi stranamente attratta dal “nuovo” marito.
Presentato alla Festa del cinema di Roma Abracadabra è una commedia nera che racconta la storia di una casalinga che segue ciecamente il vecchio adagio “Meglio il diavolo che conosci di quello che non conosci”. Ragione per cui non lascia il suo rozzo marito Carlos.
Con la stessa troupe e lo stesso cast di Blancanieves, sua versione originale della fiaba classica (che è stato il rappresentante ufficiale della Spagna per il miglior film straniero agli Oscar del 2013), Berger porta in sala un film molto diverso dal precedente. Il primo era un melodramma gotico, muto e girato in bianco e nero. Questo invece è una commedia ipnotica, ad alto volume e coloratissima. Una fusione di generi che va dal dramma al thriller fino al fantasy. Il risultato è un film che spiazza anche se non sempre funziona. Una nota di merito va alla protagonista Maribel Verdú, famosa per la sua interpretazione in Y Tu Mama Tambien e a José Mota, il comico televisivo che negli anni ottanta faceva da spalla a Raffaella Carrà.
Giulia Lucchini, Cinematografo.it, 30 ottobre 2017
Carlos il troglodita? Maribel la moglie frustrata? Pepe il cugino farfallone? L'ineffabile Tito? O il misterioso dottor Fumetti (eh, sì), vero esperto di magia ma anche grandissimo cialtrone?
Il regista e sceneggiatore spagnolo Pablo Berger, già regista di quel Blancanieves vincitore di 10 premi Goya, gioca con il registro grottesco senza necessariamente imitare Pedro Almodovar o Alex de la Iglesia, trovando una sua cifra estetica personale che ben si adatta ad una commedia stralunata ma molto meno leggera e superficiale di quanto potrebbe apparire.
Maribel Verdu, indimenticabile protagonista di Y Tu Mama Tambien, è una tenera ma determinata Carmen, più scaltra e assennata di quanto lascerebbe immaginare il suo comportamento svagato, e Antonio de la Torre è un Carlos dalle mille facce, alcune esilaranti, altre tragicomiche.
Nota di merito particolare per José Mota, il comico di provenienza televisiva che negli anni Ottanta faceva da spalla a Raffaella Carrà nel programma spagnolo Hola Raffaella: Mota regala al suo Pepe una tenerezza e una fragilità gentile che non sono necessariamente scritte nel suo ruolo, sintonizzandosi molto bene sulle corde profonde di questa storia che ha anche una dimensione dolorosa e riflessiva.
Abracadabra è un po' parabola sull'amore coniugale e un po' percorso di autoconsapevolezza, ed è costruito con un gusto visivo preciso e personale, viaggiando attraverso vari codici senza sposarne nessuno, come farebbe una mujer avveduta.
Paola Casella, Mymovies.it, 29 ottobre 2017
Pablo Berger è tra i nuovi registi spagnoli da tenere attentamente d’occhio. Il suo Blancanieves (2012), vincitore di dieci premi Goya, era un vero gioiello cinematografico, diverso dalle tante altre trasposizioni della fiaba dei Grimm. Completamente muto, con i sette nani toreri, in un bianco e nero annegante, che ricordava i chiaroscuri della Quinta del Sordo di Goya o le sue incisioni. Originale e colto, con riferimenti e suggestioni che andavano da Louis Bunuel a Guillermo del Toro.
Con Abracadabra Berger spiazza, perché la confezione è apparentemente assai simile a molte pellicole di Alex De La Iglesia, come La Comunidad o Crimen Perfecto. D’altronde aveva esordito proprio al fianco di De La Iglesia. Però mantiene poi una sua straniante originalità e organizza la baraonda cafona dei tanti personaggi con eleganza, puntellando il grottesco con inquadrature che lasciano interdetti, composte con una prospettiva particolare, una simmetria ricercata, inusuale a una commedia; arriva addirittura a inserire dei time-lapse sul traffico caotico di Madrid, per dare un’idea visiva dello scorrere del tempo.
Abracadabra è pieno di trovate e invenzioni bislacche, come i churros cosparsi di zucchero che divengono oggetto del desiderio, le mutande di superman infilate a forza ad un moribondo, la coppia erotomane che ricostruisce fedelmente le esposizioni dell’Ikea, l’agente immobiliare che inscena l’agghiacciante ricostruzioni di un omicidio.
Gli attori sono azzeccatissimi, ben concertati e caratterizzati alla perfezione, sia nei volti che nell’abbigliamento e sono inseriti in un contesto kitsch ormai divenuto stilema di una nuova onda di commedia grottesca iberica. Maibel Verdù spicca su tutti e riesce ad alternare una gamma infinita di registri recitativi, muovendosi con naturale disinvoltura dalla commedia al dramma, tuffandosi a capofitto anche nel sovrannaturale, senza mai perdere di credibilità.
Abracadabra è una baraonda chiassosa e colorata, che diverte etiene incollati allo schermo, talmente assurda e imprevedibile da non lasciare mai nulla per scontato. È autentico cinema “cabrón”, e funziona!
Stefano Bessoni, Cinefilos.it, 28 ottobre 2017