MARTEDì 28 gennaio 2020 ore 15.30 - 18 - 20.30 MERCOLEDì 29 gennaio ore 15.30 - 17.45 - 20 - 22.10 GIOVEDì 30 gennaio ore 15.30 - 17.45 - 20 |
Regia
Matteo Garrone
Genere
ANTASY, AVVENTURA
Durata
124'
Anno
2019
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Trasformista, metamorfico, polimorfo, il Pinocchio di Matteo Garrone rende giustizia alla lettera di Collodi, sfrondando le Avventure dei cascami di qualche altra trasposizione cinematografica: il burattino/bambino è come Alice nel paese delle meraviglie, solo che la meraviglia è lui, lui è il fanciullino, i suoi occhi i nostri, la sua altezza quella della camera, il suo incanto la nostra visione. C'è una cura devota nella ricerca delle facce giuste, negli scenari che chiunque abbia letto Pinocchio ha immaginato, nei dettagli dei costumi, del trucco (impressionante il legno con cui è costruito il bambino), degli effetti speciali artigianali, come lo erano stati ne Il racconto dei racconti, e utilizzati con grande parsimonia, ovvero solo quando narrativamente necessari.
Soggetto: Carlo Collodi – (fiaba)Critica
Con lui Garrone si conferma autore ma si prova – a differenza che quanto preteso in Tale of Tales – per la prima volta per famiglie, per grandi e piccini insieme, perché l’immaginazione trova immagini, e viceversa, affrancati da banalità e luoghi comuni e ricondotti a Collodi e Garrone stesso: realismo fantastico e fantasy realistico, ibridazione animale e umano, artigianalità a regola d’arte, effetti visivi umanisti.
Eccellente fotografia di Nicolaj Bruel, montaggio di Marco Spoletini, scenografie di Dimitri Capuani e costumi di Massimo Cantini Parrini, addirittura starordinario il lavoro di Mark Coullier, Prosthetic Make-up designer, e Pietro Scola Di Mambro, Concept Artist e Character designer, nonché gli effetti visivi di One of Us e Chromatica e la supervisione VFX di Massimo Cipollina: Pinocchio è fatto, sottolineo: fatto, della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, sogni materici, sostanziosi, calvinianamente pesanti.
Le lezioni americane di Garrone sono ancora una volta europee, c’è autorialità e artigianalità, c’è il richiamo alle nostre campagne, i borghi splendidi, i lavori e i colori della nostra italianità, della nostra civiltà. Poi, il burattino che volle farsi bambino (Fausto Ielapi, bravo), e per diventarlo deve prima sopravvivere, alla sua stessa curiosità, alla sua voglia di crescere, dunque necessità di sbagliare, e alla nostra, degli adulti volontà di ammazzarlo, impiccarlo o annegarlo: non si uccidono così anche i sogni?
E’ un inno alla gioia, in fondo, questo Pinocchio, un romanzo di formazione che deforma la realtà per scoprirne nel fantastico l’essenza più profonda: come sono il Corvo, la Civetta, il Grillo e Il Giudice? E la Lumaca, e il Tonno? E chi sono il Mangiafuoco Gigi Proietti, il Gatto (Rocco Papaleo) e la Volpe (Massimo Ceccherini, co-sceneggiatore con Garrone), il direttore del circo (Massimiliano Gallo) e l’Omino di burro (Nino Scardina), quali sono le minacce che portano al bambino? E che padre è, forse pavido e remissivo ma anche protettivo e innamorato, Geppetto, cui Benigni dà aspetto sofferto e comprensione affettuosa?
Pinocchio non ci dice nulla di nuovo, se non vogliamo considerare nuova l’aderenza filologica, ma ci mostra molto di bello, e dunque di inedito: se il primo privilegio di uomo è dare un nome alle cose, quello di un regista è dare un’immagine e un’immaginazione alle cose. E Garrone è un grande regista.
Federico Pontiggia, Cinematografo.it, 12 Dicembre 2019
In questa cura c'è tutto l'amore e la reverenza che Garrone ha verso il testo di Collodi, il suo perfetto equilibrio nel dosaggio degli elementi narrativi e nella caratterizzazione di personaggi che sono diventati archetipi, verso quell'ingranaggio drammaturgico che vede il percorso di iniziazione alla vita di un burattino che sogna di diventare un bambino (e dunque un uomo) vero dipanarsi per corsi, ricorsi e inciampi, sempre due passi avanti e uno indietro, con un andamento ad elastico sempre pronto a ritornare bruscamente al punto di partenza, proprio quando sembrava così vicino al salto evolutivo.
Gli interpreti son perfetti: Benigni trattenuto e straziante (come già il Nino Manfredi del Pinocchio televisivo di Luigi Comencini), il piccolo Federico Ielapi minuto ma tosto, sempre in equilibrio fra intraprendenza e desiderio di appartenere, disobbedienza e lealtà.
E poi Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo, nati per diventare la Volpe e il Gatto, Gigi Proietti credibilissimo come il burbero Mangiafuoco dallo starnuto facile, le due fatine (bambina e adulta) Alida Baldari Calabria e Marine Vacht, la prima compagna di giochi (e marachelle), la seconda mamma e Madonna; il grillo parlante Davide Marotta. Standing ovation per Maria Pia Timo (la Lumaca), Enzo Vetrano (il Maestro) e Nino Scardina (L'Omino di burro).
Il personaggio meno sviluppato è Lucignolo, che ha la bella faccia da scugnizzo del piccolo Alessio Di Domenicantonio, e forse è qui il motivo per cui questo Pinocchio è visivamente bellissimo e filologicamente impeccabile, ma manca di quel guizzo anarchico che ci aspettavamo da Pinocchio e da Matteo Garrone. In questo senso anche l'assenza di Melampo apre la porta a un dubbio: che lo spirito trasgressivo di Collodi, che fra le righe fa il tifo per Lucignolo e disprezza Melampo, sia stato edulcorato dalla necessità di costruire una favola più addomesticata, meno apertamente provocatoria.
E se il ritratto feroce del Maestro fatto da Garrone lascia pensare che Pinocchio non avesse poi sbagliato a marinare la scuola, il tono pacificato, da abbecedario, di questa trasposizione cinematografica toglie un po' di quella forza sovversiva che ha reso Pinocchio immortale, e la sua curiosità un vettore narrativo pari alla curiositas di Ulisse.
Resta comunque negli occhi l'incanto di questa favola in cui si sentono gli scricchiolii del legno e si pattina sulla bava della Lumaca, dove gli scivoli del Paese dei Balocchi sono ricavati dalle macchine agricole e Pinocchio smaschera i cattivi salutandoli con un gesto della mano e un tenero (ma risolutivo): "Addio, mascherine!".
Paola Casella, Mymovies.it, 12 dicembre 2019Altre informazioni
Sceneggiatura: Matteo Garrone
Fotografia: Nicolaj Bruel
Montaggio: Marco Spoletini
Scenografia: Dimitri Capuani
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Effetti: One Of Us
Suono: Maricetta Lombardo
Tratto da: fiaba omonima di Carlo Collodi
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