MARTEDì 29 ottobre 2019 ore 15.30 - 18 - 20.30 MERCOLEDì 30 ottobre ore 15.30 - 18 - 20 - 22 GIOVEDì 31 ottobre ore 15.30 - 18 - 20 |
Regia
Alessandro Rossetto
Genere
DRAMMATICO
Durata
104'
Anno
2019
Produzione
FRANCESCO BONSEMBIANTE PER UNA PRODUZIONE JOLEFILM CON RAI CINEMA
Cast
Diego Ribon (Franco Rampazzo), Mirko Artuso (Gianni Colombo), Maria Roveran (Luisa Rampazzo), Nicoletta Maragno (Silvana Rampazzo), Roberta Da Soller (Renata Rampazzo), Olivier Rabourdin (Jean Darnac), Lucia Mascino (Alessandra Guarnieri), Marco Paolini (Vöckler), Andrew C. NG (Mr. HU), Yang Shi (Wang Jian), Stefano Scandaletti (Marcello Fabris), Valerio Mazzucato (Bruno Carraro), Silvio Comis (Angelo Beltrame), Cristina Chinaglia (Paola Beltrame), Vladimir Doda |
In una cittadina termale del nord est italiano che ha visto tempi migliori, un impresario edile e il suo sodale geometra avviano un progetto ambizioso: convertire grandi alberghi abbandonati in residenze di lusso per pensionati facoltosi di ogni parte del mondo. È il sogno mercantile e globalizzato di cambiare faccia alla città, un bel lifting che le dia l'aria bella e calda della Florida, non cliniche dove andare a morire ma paradisi in cui godersi l'ultimo pezzo di vita, spendendosi tutto. È il business della vecchiaia che qualcuno, più potente e visionario di questi piccoli imprenditori, fa suo qui e dall'altra parte del pianeta, giocando ad allungare la vita umana all'infinito. L'improvviso venir meno del sostegno finanziario delle banche all'impresario edile, scatena un effetto domino nel destino di chi sperava solo di arricchirsi, ignaro di quel piano più alto e lontano di chi vede ormai il profitto venire da corpi che non muoiono mai.
Liberamente ispirato al romanzo omonimo di Romolo Bugaro, Effetto domino è il secondo lungometraggio di finzione del documentarista Alessandro Rossetto dopo Piccola patria e racconta nel dettaglio una realtà ampiamente documentata dalle cronache e la corsa a creare qualcosa di falso pensando di ottenere guadagni veri. Lavorare non pensare. Fare non dire. Apriamo la recensione di Effetto domino avendo ancora in testa i verbi ricorrenti del film di Alessandro Rossetto: fare, lavorare, costruire. Un'ossessione, una litania, una filosofia di vita devota al pragmatismo. È il mantra degli imprenditori del nostro Nord-Est, ambientazione imprecisata di un film crudo, duro, spietato. Perché nonostante luoghi, accenti e inflessioni abbiano una connotazione locale (veneta, per lo più), Effetto domino riesce ad allargare i suoi orizzonti, ad abbracciare il disincanto di un'Italia in cui costruire qualcosa di sano è pura utopia. L’effetto domino di cui ci parla Alessandro Rossetto è una catena incrociata di eventi, caotica e inevitabile. Il film comincia, come spesso accade anche nella vita, con un uomo che serba un sogno nel cassetto. Un sogno che diventa un trend globale e che improvvisamente collegherà tante persone su scala mondiale. Al centro di questa storia svetta il potere, la dominazione, l’arricchimento e poi la lotta intestina tra uomini che vedranno il loro sogno sgretolarsi inesorabilmente.
Soggetto: Romolo Bugaro - (romanzo), Caterina Serra, Alessandro RossettoTrama
Critica
Il racconto, sceneggiato insieme a Caterina Serra, sta fra il saggio di antropologia, l'osservazione entomologica e la messa a nudo della dimensione grottesca, "sorrentiniana", del potere e dell'umiliazione cui si espone chi il potere non ce l'ha. Effetto domino affronta di petto alcuni "elefanti in salotto" della contemporaneità: l'invecchiamento progressivo dei Paesi occidentali e la conseguente nascita del "business della vecchiaia"; il crollo dell'edilizia, settore trainante dell'economia e in alcune zone attività primaria; la globalizzazione come epitome dell'etica (si fa per dire) del cane mangia cane, secondo una piramide di sopraffazione in cui ognuno si scopre contemporaneamente vittima e carnefice.
La vicenda narrata è una via crucis in sei stazioni, con il commento algido e talvolta sarcastico della voce fuori campo di Paolo Pierobon, che sottolinea in maniera "scientifica" le dinamiche fra gli esseri (sempre meno umani) in scena, attingendo anche ad alcuni passi firmati da Jonathan Franzen. La storia è durissima e dolorosa, non solo perché ne riconosciamo i contorni, ma anche perché è raccontata come un lento scollinamento verso gli inferi attraverso atmosfere rarefatte e ambienti lunari: il disfacimento dei luoghi e dei convincimenti morali, la scomparsa dei punti di riferimento, il ruolo che ognuno gioca nel creare quell'effetto domino che fa crollare impalcature costruite da persone la cui soddisfazione più profonda sarebbe quella di "far nascere le cose". In assoluto il tema più rilevante è l'incapacità degli uomini di affrontare la morte: anziani che credono di poter vivere per sempre, cinquantenni che contemplano con orrore la propria caducità, giovani che ostentano il loro sentirsi invincibili.
Rossetto ha una mano registica felice, coadiuvata dalla direzione della fotografia di Daniel Mazza e dal montaggio esperto di Jacopo Quadri. Gli attori protagonisti hanno facce familiari ma non sovrautilizzate dal cinema: Diego Ribon è un Serge Reggiani contemporaneo, Mirko Artuso un Gastone Moschin per il Ventunesimo secolo, Shi Yang Shi (anche consulente alla sceneggiatura per la parte cinese) un credibile falco della finanza non del tutto privo di coscienza. E gli intensi volti di Nicoletta Maragno, Maria Roveran e Roberta Da Soller servono a ricordare che la concretezza e il buon senso, nei momenti difficili, sono soprattutto appannaggio femminile. Particolarmente ispirato l'utilizzo delle musiche di Vivaldi, a commento e talvolta a contrasto.
Paola Casella, Mymovies.it, 2 settembre 2019
Attraversato da un perenne senso di sfiducia, il film di Rossetto è un impietoso spaccato di realtà che sbircia con sguardo severo nel marcio dell'imprenditoria italiana. Lontano da un compiaciuto pessimismo, il regista padovano adotta un approccio realistico e asciutto, confermando il suo approccio antropologico ai microcosmi familiari.
Presentato Fuori Concorso nella sezione Sconfini della Mostra del Cinema di Venezia 2019, Effetto domino è un triste presagio di fallimento sin dal titolo. Un'opera cinica in cui è impossibile scorgere spiragli di speranza.
Colori freddi, umido nelle ossa, cielo perennemente plumbeo. Siamo immersi dentro un Nord-Est dal glaciale aspetto quasi balcanico, dominato da detriti e palazzi svuotati Qui l'impresario Gianni Colombo fiuta l'affare della vita: rilevare un complesso di decadenti hotel ormai inutilizzati per ristrutturale come lussuose residenze per anziani facoltosi.
Un'impresa vera e propria che Gianni non può compiere certo da solo. Così decide di coinvolgere anche Franco, un ex muratore che si è guadagnato una vita normale con la fatica e con il sudore. Ha così inizio un'avventura imprenditoriale nata sulle ali dell'entusiasmo, destinata a sfociare in un mare dove la differenza tra squali e pesci piccoli fa la differenza. Ispirato all'omonimo romanzo di Romolo Bugaro, Effetto Domino semina amarezza ovunque, soprattutto quando racconta di un Paese, il nostro, in cui l'imprenditoria viene incoraggiata più dalla morte che dalla vita. L'idea di contrapporre una casa di riposo a un luogo vitale come un hotel è semplice quanto vincente, emblematica di una classe dirigente cinica e avara di prospettive. Inevitabile che questo business della morte premi la sopraffazione e inibisca l'onestà, avvantaggi le scorciatoie e ammazzi sul nascere la lungimiranza.
Effetto domino è la seconda opera di finzione diretta da Alessandro Rossetto, un regista che si è sempre dedicato al documentario. Il suo taglio documentaristico emerge anche qui. Perché al di là della voce fuori campo, che funge da narratore onnisciente, il film predilige pochi dialoghi, sempre credibili, asciutti, essenziali. Anche grazie all'uso del dialetto, Effetto domino riesce a calare lo spettatore in un ambiente aderente al vero, malsano, inospitale, abitato da marionette e burattini. Rossetto ci racconta un universo maschile ossessionato dalla necessità di agire, fare, produrre. Per questo il film celebra quasi con lirismo le sequenze in cui gli operai lavorano in cantiere. Come se un palazzo fosse un'opera d'arte da celebrare mattone dopo mattone. Peccato che tutta questa freddezza renda difficile empatizzare con la vicenda familiare al centro del racconto, ma è facile intuire un punto di vista registico volutamente distaccato e asettico. Attuale e severo, Effetto domino ribadisce la miopia di uomini incapaci di guardare davvero lontano, che sognano in verticale ma non sanno dare forma a veri orizzonti.
Giuseppe Grossi, Movieplyer.it, 3 settembre 2019
Effetto Domino è la metafora perfetta delle operazioni, anzi sarebbe meglio dire delle speculazioni edilizie che avvengono oggi e che per certi versi ricordano, in maniera sicuramente più microscopica, la crisi economica mondiale del 2007 in seguito alla crisi del mercato immobiliare. Il principio è lo stesso, solo che in questo caso l’effetto travolgente lo subiscono i diretti interessati all’affare edile. Il regista esplora con grande lucidità le conseguenze dell’avidità umana ed espone la fragilità di tutto il nostro sistema finanziario.
Sicuramente ciò che sta alla base di un film di questo tipo è la concitazione, il terrore: Effetto Domino è a tutti gli effetti una pellicola che guarda al lato oscuro della finanza, dell’edilizia, delle imprese: è tutto ciò che ruota attorno ad un mondo che è tanto imponente quanto fragile. Anche solo una piccola tessera traballante può far crollare un’intera impalcatura. Il panico non è solo conferito dal rischio di poter perdere tutto, investimenti milionari, aziende, case di proprietà, ma anche dal rischio personale di questi uomini di poter perdere, in un certo senso, la propria virilità.
Il lato più interessante del film è osservare come questa visione maschilista aziendale (e familiare), evidentemente tossica, sia la diretta conseguenza di un sistema finanziario sicuramente abitato dalla maggior parte dagli uomini. Le donne sono una assoluta minoranza, il loro punto di vista è sempre marginale, ed è un bene che questo venga rilevato, anche se in modo dimesso. Alessandro Rossetto firma un film tragico, attuale, una storia infuocata che colpisce nel segno e dimostra quanto sia fragile la nostra economia e quanto sia frangibile l’essere umano.
Lucia Tedesco, Cinematographe.it, 6 Settembre 2019Altre informazioni
Sceneggiatura: Caterina Serra, Alessandro Rossetto
Fotografia: Daniel Mazza
Musiche: Alessandro Cellai, Paolo Segat, Valerio Vigliar, Maria Roveran
Montaggio: Jacopo Quadri
Scenografia: Leonardo Scarpa
Costumi: Marianna Peruzzo
Suono: Marco Zambrano
Tratto da: liberamente ispirato al romanzo omonimo di Romolo Bugaro (Marsilio Editori)
Alessandro Rossetto
Nato il 21 Marzo 1963 a Padova. Ha studiato cinema documentario al Centre de Recherche Cinématographique dell'università di Nanterre a Parigi. Il suo primo lavoro, Il fuoco di Napoli, è stato selezionato in numerosi festival tra cui il «Vision du Réel» a Nylon, in Svizzera, e il «Messaggio per l'uomo» a San Pietroburgo. Courtesy of TFF
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