Critica
L’opera, il suo autore. Complementari, speculari, l’uno il prolungamento dell’altro. Non si possono scindere, coesistono, si completano. Vivono esistenze che si intrecciano, nascono da esperienze, sentimenti, emozioni reali. Così Colette diventa Claudine, e Claudine prende la sua energia da Colette. Chi è la scrittrice? Chi il personaggio?
Le due donne si confondono, intrecciano l’invenzione letteraria e il vissuto. Sono vestite allo stesso modo, nel quotidiano e sulla carta, condividono l’impeto di spezzare le regole, di non omologarsi, di portare “scandalo”. Entrambe vengono dalla campagna, hanno una vitalità non comune, alternano le movenze della brava ragazza a quelle di chi è incline agli eccessi. Si abbandonano ai ménage à trois, sono attratte dal loro stesso sesso.
Personalità forti, apripista in un Ottocento al tramonto e in un nuovo secolo che sta sorgendo, Colette e Claudine, con nomi simili, stessa ansia di vita. Con lo stesso taglio di capelli, pronte a lanciare nuove tendenze. Tutte vogliono essere come loro.
Da un’idea di letteratura, scaturisce una nuova idea di mondo. La finzione determina i costumi della Belle Époque e degli anni a venire. Colette ci mostra come tutti abbiamo bisogno di fuggire dal reale, di rifugiarci nei nostri miti per non sentire il peso delle responsabilità. Lo svago si fa norma, le feste e i salotti altolocati sostituiscono i corridoi del potere. Le folle si ammansiscono dando loro modelli da seguire. Le false promesse dei politicanti vengono messe da parte, ci sono più “certezze” nei libri e nelle riviste illustrate.
Altri tempi, quando ancora si leggeva e gli editori erano arbitri del gusto. Quando gli scaffali delle librerie si svuotavano talmente in fretta che gli “stampatori” dovevano fare gli straordinari. E di quest’epoca, Sidonie-Gabrielle Colette, conosciuta con lo pseudonimo di Colette, è stata un faro. Ha creato un universo, un impero industriale, non solo con le sue “avventure”, ma con profumi, saponette, caramelle… Una figura femminile forte, che sfidava il maschilismo, ribaltando gli stereotipi, ribellandosi a un marito che voleva chiuderla in casa e prendersi il merito dei suoi sforzi. Come in Mary Shelley di Haifaa Al-Mansour, presentato alla passata edizione del Torino Film Festival.
Ma in Colette c’è una rinnovata potenza, che ben accompagna l’indole sovversiva della sua “eroina”, artista senza freni, una delle più grandi personalità del Novecento. Scrittrice, gran dama, star da palcoscenico, giornalista, commentatrice di film fin dagli albori del cinematografo. Con il volto di una Keira Knightley spregiudicata, affascinante, che non abbassa mai lo sguardo. Piena di orgoglio, contro ogni pregiudizio.
Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it, 29 novembre 2018
Quattro anni dopo Still Alice, il regista inglese si concentra nuovamente su un personaggio femminile in lotta con un mondo che non la accetta e le mette i bastoni tra le ruote. Gabrielle Colette è una semplice ragazza di campagna che sposa l’aristocratico Henry Gauthier-Villars, nel film Dominic West. Passa il suo tempo libero a scrivere, fino alla stesura del primo romanzo con protagonista Claudine, una quindicenne con i suoi segreti, fantasie e confessioni.
All’epoca era impensabile pubblicare un libro scritto da una donna, così il marito di Colette firma il romanzo con il suo nome, senza immaginare che questo diventi un fenomeno letterario. Colette continua a scrivere le avventure di Claudine e la gente divora letteralmente le sue parole, senza conoscere la vera identità dell’autore. Ma, dopo qualche tempo, la donna realizza che il marito si sta approfittando del suo talento e reagisce, gridando al mondo la sua verità e cambiando il suo atteggiamento verso la vita, l’amore e l’arte.
Knightley ha interpretato spesso donne forti e indomite, come Elizabeth Swan nella saga Pirati dei Caraibi, Anna Karenina, Sabine di A Dangerous Method. Nei panni di Colette l’attrice si trova perfettamente a suo agio, sia nella prima parte più femminile, sia nella successiva trasformazione con un look più progressista che le fa preferire il tailleur ai lunghi vestiti da dama dell’epoca.
Westmoreland confeziona un film profondamente pop nello stile, con colori vivaci e personaggi vivi e carismatici che popolano la scena con padronanza e fascino. La sceneggiatura segue una formula abbastanza tradizionale del biopic, ma la protagonista fa la differenza. In fondo la storia racchiude tanti argomenti che stimolano la curiosità dello spettatore e tengono il ritmo. Si parla di sessualità, analizzando gli impulsi al di là delle convenzioni mentre Colette e il marito portano avanti relazioni con molti partner diversi per un’idea di amore libero e rivoluzionario.
“Se pensiamo alle vicissitudini di Colette nel mondo letterario e alla difficoltà di venir accettata come donna, ci fa capire che di strada ce n’è da fare ancora tanta. È una donna che combatte contro le restrizioni sociali per essere una donna” ha detto Knightley al London Film Festival 2018, dove il film è stato presentato in anteprima.
Il regista affronta il tema della disparità tra uomo e donna, facendo notare che in fondo, tra fine ‘800 e inizio ‘900 la situazione non era molto diversa da oggi. Colette, infatti, non è stata solo la scrittrice già anticonformista del suo tempo, ma è diventata un’icona di moda, un brand, uno status symbol e un punto di riferimento per le donne vissute all’ombra della popolazione maschile e scoraggiate dal credere nei propri sogni. Nonostante sia un film in costume l’opera di Westmoreland risulta straordinariamente attuale e libera, una fonte di ispirazione travestita da puro intrattenimento.
Emoziona, diverte e stuzzica la curiosità, celebrando la vita di un personaggio intrigante e ribelle che ha scritto una pagina di storia frizzante e nuova, per sperare in un futuro diverso e pieno di possibilità per l’universo femminile.
Letizia Rogolino, Cinematographe.it, 22 ottobre 2018
Per quanto sia senz'altro un biopic godibile che può contare su un'ottima ricostruzione d'epoca e delle interpretazioni di livello da parte dei protagonisti Keira Knightley e Dominic West (in particolare l'attrice britannica offre una delle prove in assoluto più convincenti della sua carriera), Colette non riesce mai davvero ad appassionare e coinvolgere al livello che ci si aspetterebbe. Nonostante sia il centro assoluto del film, infatti, il rapporto tra Colette e Henry Gauthier-Villars rimane sostanzialmente in superficie: le dinamiche psicologiche che guidano le azioni dei due personaggi principali non vengono mai davvero approfondite. Ne risulta dunque un racconto che intrattiene piuttosto piacevolmente senza però essere in grado di stimolare nello spettatore una vera e propria riflessione sulle difficili condizioni della donna nella società parigina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento.
Luca Ottocento, Movieplayer.it, 06 Dicembre 2018